Nuova Proposta novembre dicembre 2013

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

n. 11/12 - 2013 anno XXXIX Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC

Siracusa Scicli Lampedusa

I nuovi re magi


Siracusa, Scicli, Lampedusa…

MARE NOSTRUM

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l mare come un confine da tenere d’occhio, per chi regna e per chi ci vive e lavora. Dogana, presidio e pesca insieme, un lavoro da svolgere con coscienza, senza dare ascolto a chi non sa stare dalla parte giusta. Persone che allo stesso tempo cercano fortuna e sorte nello stesso mare. Braccia, volti e sguardi che riconoscono la dignità, il giusto valore e la corretta scala di priorità delle cose, con la nobiltà di chi mette in discussione se stesso per chi è disposto a rischiare la vita per salvarsi. Volti che ci ricordano che non siamo un paese nato ricco. S . Z. “E v enne dal l ’acqua, e v enne dal sal e La peni t enza dal l a m ano del m are Il com andant e av anza e ni ent e si puó fare V uol e una m ort e, l a v uol e affront are E l í l ’at t endev a, dov e i l sol e cal a C al a e non m uore, e l ’acqua non l o l av a”. Lo Sbarco di Lampedusa - Dario Fo Vinicio Capossela – Santissima dei naufragati

SOMMARIO In copertina: gli sbarchi dei migranti.

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Le persone-dono Tu sei io? L’identità impropria dell’ammiraglio Come un viaggio Promozione del volontariato Cittadini e organizzazioni solidali in epoca di crisi Europa, sei piste per la corsa dei cittadini 5 per mille: nuove Linee Guida sulle rendicontazioni Una tantum Norme giuridiche e Giurisprudenza Italiani nel mondo 2013 Il quarto dei re magi Colpo d’ala


Le persone–dono di Domenico Volpi

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ra dicembre e gennaio, tra Santa Lucia e l’Epifania, una delle usanze più ricorrenti e simpatiche è lo scambio dei regali. Ma ogni dono sembra che debba dipendere da due soli verbi: donare e ricevere. Si donano regali ai piccoli – a volte costosi, quasi sempre troppi tutti insieme –, sia per la loro gioia nello scartare rapidamente il pacco a sorpresa, sia per la nostra gioia di vederli sorridere e per una certa nostalgia d’infanzia. Si regalano oggetti agli adulti per motivi assai diversi: per affetto sincero, per riconfermare un’amicizia, perché non si dimentichino di noi, per fredda consuetudine o ancora per astuta convenienza. Nonostante la ricerca di riduzione delle proprie spese in tempi di crisi, l’oggettistica oggi pende eccessivamente verso le nuove meraviglie dell’informatica e dell’elettronica, a scapito sia dei giocattoli tradizionali (ma sono convinto che un trenino o una bambola non automatica avrebbero un successo più duraturo), sia purtroppo dei libri, soprattutto quelli per ragazzi che sarebbero i più necessari. Si ricevono doni con amore, con gratitudine, con egoistica soddisfazione, con sopportazione e persino con imbarazzo. Ma c’è un terzo verbo che viene coniugato sia nell’umile esistenza di ogni famiglia o comunità, sia nel breve fulgore della cronaca giornalistica e televisiva. È il verbo essere. Essere doni di sé, come gli sposi tra loro e con i figli, come i giovani per gli anziani (e viceversa), come i medici e gl’infermieri per i malati, come gli educatori e gli insegnanti verso gli alunni (e anche qui un viceversa ci sta bene). Essere persone-doni è difficile perché gli oggetti ci aggrediscono con la loro stessa presenza e ci tentano. Così accade ai padri che cercano di colmare le proprie assenze regalando ai figli cose appariscenti invece che il proprio tempo, invece di giocare con loro magari a un vecchio gioco. Così accade alle coppie separate che cercano di consolare i figli disorientati coprendoli di regali o di distrazioni. Così ci dice la pubblicità “che non è Natale senza…”, che “a Capodanno bisogna...”, “che non si può fare a meno di…”.Non è questa la sostanza dell’essere doni. Qui non si tratta più di scambio di oggetti nelle giornate a ciò dedicate. Per molti, è un sem-

pre, ogni giorno. Per tanti altri è una scoperta imprevista. Ci sono degli episodi, nella cronaca, che la strappano agli orrori e agli errori quotidiani irradiando una luce improvvisa, persino inaspettata e impensata dagli stessi protagonisti. Quei turisti e quegli operatori di spiaggia che, presso Catania, in pieno agosto sacro alle vacanze, hanno veduto all’improvviso spuntare all’orizzonte un barcone stracarico di profughi avranno pensato, all’inizio, di dover offrire una bottiglia d’acqua, un pane e un qualsiasi indumento: donare oggetti è bello e persino gratificante. Non si aspettavano che il barcone si arenasse su una secca di fronte alla spiaggia, ma separata da questa da una fascia di acque profonde; né pensavano che quei disperati si gettassero (o fossero gettati) in acque che credevano basse. Ecco allora i vacanzieri impegnarsi di persona: chi si è tuffato per salvare qualcuno, chi ha formato “catene umane” per porgere una mano sull’orlo dell’abisso, chi ha organizzato i soccorsi agli scampati. Ciascuno ha dato “dono di sé”, e le persone sfuggite alla morte e arrivate su una terra desiderata ma sconosciuta, hanno trovato una persona-dono. Si potrebbe dire che si è capovolta la situazione dell’Epifania: dall’Oriente sono arrivati i poveri e i “doni” erano lì ad aspettarli, ogni siciliano o turista è diventato Re Mago. Stessa tragedia a fine settembre su una spiaggia del Ragusano, abituata ai finti drammi della serie del Commissario Montalbano. Il mare è agitato, la barca è fuori controllo, i profughi annaspano in acqua. Due carabineri sono lì vicini, di pattuglia. Il maresciallo capo Floriddia si toglie la divisa e si tuffa tra le onde, insieme a un soccorritore spuntato dal nulla, ma con un cognome significativo: Massimiliano Di Fede. Salvano diverse persone e in particolare alcuni bambini piccoli, mentre l’altro carabiniere, anche lui in acqua come può, riesce a bloccare gli scafisti. Tredici gli annegati, un paio di centinaia gli scampati. Stavolta sono protagonisti due uomini delle Forze dell’Ordine, ma anche fare fino in fondo il proprio dovere è un “dono di sé”. Sulla grande capacità di dono dimostrata dagli operatori dello Stato e dalla gente di Lampedusa in occasione della tragedia dello scorso ottobre, ogni sottolineatura è superata dalla forza della realtà.


SOLIDARIETA’ Blocca progressivamente le capacità motorie e si chiama Di strofi a Muscol are di Duchenne. L’associazione “Amici del Centro Dino Ferrari” si impegna per alimentare la ricerca di una cura ancora inesistente. 02 55159006 i nfo@centrodi noferrari . com

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TU SEI IO? Suoni diversi intorno alla parola “dono” F. Paol o Casavol a, già Presidente della Corte costituzionale “In un mondo in cui l’esistenza si lascia sempre meno leggere come un dono di Dio e sempre più come un acquisto dagli altri uom ini è difficile aiutare gli altri senza chiedere e ottenere. Se si pensa che taluno, m ortalm ente m alato, riesce a guarire in virtù delle sue ricchezze e del suo livello di potere che gli consentono cure e medici costosissimi in un altro continente, mentre un amico povero e nelle stesse condizioni di malattia è già da anni sottoterra al cimitero, che resta da dire?” (Dall’introduzione al Convegno Fivol su “Oltre i diritti: il dono” – 2004). A dam S m i t h, economista e filosofo scozzese (sec. XVIII) “Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio e del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse. Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse e con loro non parliamo mai delle nostre necessità”. (Citazione nel corso dello stesso convegno, così commentata: il mercato ha il potere di far leva sull’interesse proprio per volgerlo a vantaggio di tutti. Possiamo ottenere più facilmente quello che ci serve se chi ce lo può dare si convince che è anche nel suo interesse darcelo). Enzo Bi anchi , priore della Comunità di Bose (CN) “La parola dono potrebbe apparire anacronistica nella società attuale. Potremmo infatti chiederci se c’è posto per il dono in una economia dominata dal mercato come quella di oggi; e ancora, se la pratica del dono è possibile in una società che negli ultimi decenni si è configurata in maniera sempre più barbarica, seguendo la logica del do ut des. S iamo ancora consapevoli che il dono rappresenta un atto autentico di um ani zzazi one? E quant o

dell’im portanza e della bellezza del dono trasmettiamo alle nuove generazioni? Una lettura superficiale del presente potrebbe indurci a rispondere in modo negativo e pessimista a questi quesiti, pensando che non ci sia più spazio per il dono, ma solo per lo scambio utilitaristico, per la dissimulazione della gratuità per il proprio tornaconto. Ne sono un esem pio i cosiddetti “aiuti um anitari”, una form ula ipocrita e vergognosa a cui l’Occidente ricorre per nascondere in realtà azioni di guerra.” … “E’ innegabile la presenza oggi di una banalizzazione del dono. Ciò accade anche nell’am bito cattolico: l’odierna pastorale della carità sembra infatti includere nell’idea di dono una serie di atti che finiscono per non impegnare veramente niente e nessuno. … Anche nella dimensione del volontariato la gratuità del dono si è in molte occasioni corrotta. Questo è accaduto quando a prendere il sopravvento sulla gratuità del dono è stato l’aspetto dell’organizzazione e della burocratizzazione di quest’ultimo.” … Abbiamo bisogno di “un dono che sia offerta della nostra presenza alla società, capace di innestare cammini verso una migliore convivenza e una maggiore umanizzazione.” (Da “Vita.it” – Intervista in occasione del Salone nazionale del Volontariato – Lucca). Ni col ò Li pari , professore emerito di Istituzioni di diritto privato all’Università “La Sapienza” di Roma … “L’importante è, a mio giudizio, svincolare l’idea di gratuità da quella di dono. Vi sono certamente casi in cui il dono non è gratuito. In alcuni atteggiamenti culturali il dono si esprime come manifestazione della propria potenza (e quindi come obbligo a restituire di più). In questi casi il dono non si situa nella dimensione del dare a perdere,


SOLIDARIETA’

L’IDENTITA’ IMPROPRIA DELL’AMMIRAGLIO di G. Paolo Manganozzi

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olontariato sempre più vecchio e stanco”: una sintesi forse troppo sbrigativa (un po’ di maquillage per esigenze medianiche) ma certo suggerita ai taccuini dei giornalisti dai commenti circolati intorno alla presentazione di alcune ultime indagini in tema di assistenza sociale e sanitaria in connessione con quello della solidarietà.. Ci sarebbe materia per un’altra ricerca sul perché di questi toni appassiti, sul dove (nel senso di aree dei bisogni e di siti geografici) e sul chi (sono di più gli uomini o le donne a predisporsi alla resa? gli anziani o i giovani?). Nell’attesa di nuove risposte dalla sociologia diamo spazio ad almeno due pensieri. Il pri mo: il volontariato sta subendo l’influsso, somministrato in piccole dosi inavvertite, del “vogliamoCI tanto bene” (vogliamo tanto bene a noi stessi ) e quindi di un calo di tensione per i fatti che hanno una dimensione sociale, soprattutto di tipo solidaristico. E’ ovvio che tale dimensione non si esaurisce nell’atto di dare un bene o fornire un servizio ma consiste nella disponibilità ad impegnarsi –a livello minimo o grande, in rapporto ai propri talenti- per la soluzione dei problemi della gente. Disponibilità dei singoli cittadini e dei loro gruppi organizzati che deve essere accompagnata (preceduta) da quella programmatica dello Stato sul quale incombe l’obbligo di assicurare –insieme ai servi zi e alla si curezzail coordinamento delle risorse del Paese, tra le quali si collocano con peso prevalente “l ’ai uto fraterno, i l sostegno spontaneo, l a mano tesa”. Il secondo: il volontariato fa troppo spesso esercizi di mimetismo tra i mondi dell’economia sociale, con i quali deve esserci collaborazione ma non identificazione di scopi e di prassi. Si avverte infatti il rischio, nel tentativo di assumere connotazioni imprenditoriali improprie, di volere ad ogni costo essere presenti nella foto di gruppo, magari in terza fila, dove i piccoli vengono oscurati. E il rischio, per il volontariato, non consiste nell’oscuramento –cosa che ha poca o nulla importanza- ma nella ricerca di una collocazione che non è la sua e nella quale altri possono esprimersi meglio di lui. Ci sembra che la ricerca di una identità impropria non aiuti il cammino del volontariato, così come non rendeva più nobile l’identità di quel Tal e che al momento di mangi are i l pesce si vesti va da ammi ragl i o.

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ma implica semmai il sigillo della propria forza. Anche la saggezza popolare ne è consapevole. Un vecchio proverbio della mia terra d’origine, la Sicilia, dice: “Cchiu dugnu, cchiu sugnu” (più do, più sono), chiaramente riconducendo l’atto del donare alla realtà di una manifestazione di forza, di una affermazione del sé. E’ stato non a torto rilevato che nelle lingue germaniche la parola gi ft designa al tempo stesso il dono e il veleno. Ma la gratuità non passa necessariamente attraverso l’individuazione di un oggetto che si trasferisce da un soggetto a un altro. S i deve piuttosto dire che noi spesso ci scambiamo i doni perché abbiamo paura di accedere alla gratuità, che, nella sua dimensione più autentica, non chieda nulla (nemmeno in linea parziale o differita), semmai si qualifichi non per la concretezza di un oggetto, ma per la qualità di un gesto o di un atteggiamento.” …

(Dall’introduzione al DIT n. 4 “Volontariato, terzo settore e politiche sociali in Italia – Dizionario tematico delle leggi – Editoriale italiana 2000”). Kahl i l Gi bran, poeta-filosofo - pittore libanese (1883-1931) “Il tuo abito più bello è quello tessuto dalla mano di un altro; il tuo pasto più gustoso è quello che assapori alla tavola di un altro; il tuo letto più comodo è nella casa di un altro. Ora dimmi, come puoi separare te stesso dall’altro? Se il tuo portone di casa è ampio, bada che non sia troppo stretta la porta di servizio. (Da “Le parole non dette” – ed. Paoline).


MINORI

Come un viaggio di Giovanni Santone

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o scorso 12 settembre si è svolta a Padova una conferenza internazionale sulle forme di affido. L’interessante dibattito tra diversi Paesi aveva come titolo Le form e di affido in Europa: cosa sappiamo degli esiti e delle condizioni di efficacia? L’obiettivo era quello di preparare un futuro di risposte migliori e più efficaci per l’infanzia. Peraltro era naturaL’affido dei minori le che nel conè un percorso, non una meta. front o sarebbe em erso che l’affido è “un mezzo” e non un fine, in quanto non esclusivo per il raggiungimento degli esiti sperati. Tra gli organizzatori della parte italiana c’ erano le Fondazioni Zancan e Paideia. Per il materiale molto utile per il seguito dell’iniziativa si può contattare la Zancan.

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Ai fini di queste note, come stimolo alla discussione e all’approfondimento, stralcio alcuni spunti tratti dalle interessanti e articolate relazioni: • le famiglie affidatarie sono una importante risorsa sociale; coloro che sono coinvolti hanno un compito complicato; l’affidamento familiare deve essere intrapreso solo se tutte le persone coinvolte vengono sostenute da un servizio efficiente e professionale (rappresentante della Germania); • l’affidamento familiare si realizza in percentuali diverse nei vari Paesi: in base alla storia, alla cultura e alle politiche di sostegno alla famiglia e ai minori; la durata va da alcuni mesi a 5 anni (rappresentante dell’Inghilterra); • occorre essere coscienti che vi sono problemi durante l’affidamento e dopo il rientro nella famiglia di origine (rappresentante della Spagna); • nessun l i m i t e di t em po al l a durat a del l ’affi dam ent o; occorre ri fl et t ere sull’affidamento di persone con disabi-

lità (riguarda anche gli adulti) e con problemi psichiatrici (rappresentante del Belgio). Il ricco materiale e il dibattito evidenziano differenze tra i Paesi, ma sollecitano anche una riflessione sulla realtà italiana in relazione al percorso storico delle risposte all’infanzia problematica e in difficoltà familiari, non senza rilevare che i problemi sollevati hanno messo in luce la necessità di indicazioni su tali temi da parte di organismi sovranazionali (come l’U.E.), considerata la mobilità delle persone e nelle famiglie nei diversi Paesi. Per quanto riguarda l’Italia penso possa aiutarci un po’ di storia sulla fisionomia della famiglia. Nel passato, in generale, la comunità locale si faceva carico dei bambini e degli adolescenti in difficoltà familiari. Un cambiamento è avvenuto quando si è passati dalla famiglia patriarcale alla famiglia come nucleo ristretto, fenomeno dovuto ai cambiamenti avvenuti nella nostra società. Il lavoro e il benessere hanno influito nel rendere la famiglia più chiusa. Inoltre il lavoro dipendente e la perdita della cultura contadina, che esigeva una manodopera consistente, hanno contribuito, insieme alla fuga dalla terra e con la modernizzazione dell’agricoltura, a rendere la famiglia più chiusa in se stessa. Un ulteriore fattore di questa trasformazione da famiglia patriarcale a famiglia nucleare va ricercato a volte in un atteggiamento meno propenso a una visione aperta per la famiglia con numerosi figli, sia per le difficoltà oggettive delle giovani coppie nel disporre del bene della abitazione, sia per il costo di un figlio in una società consumistica, sia infine per la scelta, direi un po’ egoistica, di poter spendere il proprio tempo per sé, senza il peso dei figli. Solo nel 1983 con legge n.184 è iniziato un percorso normativo, riaffermato nel


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2001 con legge 149. S ono s tati regol amentati contes tual mente adozi one e affi damento fami l i are (quest’ultimo scatta nei casi in cui il bambino abbia difficoltà temporanee a vivere nella propria famiglia). Ma soprattutto con la legge 149/2001 viene ribadito il principio che la famiglia in difficoltà va aiutata a tenere con sé i figli e che sono da chiudere gli istituti e gli orfanotrofi ritenuti non idonei allo sviluppo della persona del bambino e vanno date risposte di tipo familiare con l’affido o in piccole comunità di tipo familiare. Ma a conferma di quanto emerso nella conferenza citata non si può pensare di ritenere l’affido che “un mezzo”. Vanno peraltro considerate alcune variabili, come rilevato subito dopo l’emanazione della citata legge 184 del 1983, in un seminario della Fondazione Zancan del 1984, i cui atti hanno i l t i t ol o si gni fi cat i vo Dal ri cov ero all’affidam ento: cam bia una legge o una mentalità? Che esistesse molto prima delle leggi citate una forma di affido familiare è una realtà evidenziata da una storia raccontata in questi giorni nella mia città di Padova, ma che potrebbe riguardare tutte le città in cui viviamo. E’ un esempio di accoglienza da parte dei coniugi Bolzan, storia di quasi un secolo fa di bambini bisognosi di particolari cure, ospiti dell’Istituto Provinciale Assistenza Infanzia (Istituto degli Esposti), come raccontato nella pubblicazione di Erika Bolzan (figlia adottiva) Alla

ricerca di un amore impossibile (Vincenzo Grasso Editore, 2011). Ma se si vanno a consultare gli archivi storici delle istituzioni assistenziali e delle parrocchie, oltre a quelli di comuni e province, si potranno conoscere storie analoghe in molte città italiane. Qualche riflessione conclusiva mi viene suggerita dagli interventi del convegno e da quanto ho riportato in precedenza. Anzitutto ho colto negli interventi le differenti forme di affido dei minori a parenti e a terzi, le diverse modalità, gli enti e i servizi sociali coinvolti, in primo luogo quelli del Comune. Importante mi è parsa inoltre l’indicazione di una verifica sui risultati, che dovrebbe essere realizzata con strumenti comuni nei vari Paesi dell’U.E, come altrettanta importanza riveste la presenza di personale preparato e competente a seguire il progetto di affido. Dal mio punto di vista esprimo l’esigenza che si arrivi a indicazioni uniformi sui seguenti punti: • pur rimanendo valido il principio delle temporaneità dell’affido, che è nella natura stessa del servizio, occorre una certa flessibilità (spesso il periodo massimo di due anni, com’è in Italia, non è sufficiente); • analoga osservazione vale per quanto concerne il passaggio da affido ad adozione come soluzione definitiva di dare una


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famiglia al minore (se si è accertato durante il percorso che quella originaria non può, né potrà svolgere le sue funzioni); anche in questo dovrebbe prevalere l’interesse del bambino ad avere una famiglia; • è da segnalare l’esistenza di nuove forme di abbandono temporaneo di bambini e adolescenti, fenomeno questo collegato alle tante donne/mamme, provenienti da Paesi più poveri, le quali svolgono lavori domestici in Paesi, come l’Italia, che non trovano persone disposte a tali lavori, impegnate spesso notte e giorno, come succede con anziani in difficoltà. In tali situazioni vi sono mamme che non potrebbero accudire i loro figli, anche per la mancanza di tempo e di una propria abitazione. Una risposta potrebbe essere un affidamento a piccole strutture familiari o a persone, che potrebbero assolvere all’esigenza umana e so-

ciale di ricongiungere una famiglia, anche se temporaneamente. Un invito ai lettori: su questo servizio per l’infanzia è possibile aprire un dibattito, tenendo presente che i bambini non sono soprammobili, quindi occorre che l’affido venga seguito dai servizi sociali e in certi casi, per la complessità dei problemi, è preferibile l’affido a comunità di tipo familiare con presenza costante di operatori preparati. A conclusione, un’osservazione che scaturisce dalla lunga esperienza personale: i dati sul fenomeno sono da considerare per difetto e non del tutto omogenei, in quanto in alcune realtà la comunità locale e il vicinato si fanno carico di minori in situazioni familiari di temporanea difficoltà, senza clamore e senza nulla chiedere, ma solo come volontariato e per solidarietà.


VOLONTARIATO

Promozione del volontariato di Alessio Affanni

Il catalogo realizzato da CSVnet è una raccolta dei saperi, delle conoscenze e delle migliori buone prassi dei CSV (centri di servizio per il volontariato) che ha l’obiettivo di costruire un patrimonio di esperienze da condividere in rete, per realizzare percorsi di crescita e di scambio.

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l progetto mira a raccogliere e raccontare le esperienze, le iniziative, l’impegno dei CSV sui propri territori a favore della comunità e del volontariato italiano, dando visibilità alle azioni sociali innovative. Una pubblicazione di grande attualità, che vuole diffondere idee e buone prassi e che può stimolare nuove iniziative, soprattutto considerando che questo è l’Anno europeo della cittadinanza attiva. Il Catalogo, destinato ad un sicuro aggiornamento, è una raccolta di c i rc a 3 0 0 schede suddivise in 11 aree di atti vi tà:

Promozione e volontariato Formazione Progettazione sociale

Scuola e consulenze Ricerca e documentazione Servizi interni

Accompagnamento logistici Informazione e comunicazione Altre categorie

Servizi Reti ed animazione territoriale

Ci soffermiamo su alcune aree di maggior interesse, invitando alla consultazione approfondita delle schede sul sito www.csvnet.it/il-catalogo-dei-csv S cuol a e vol ontari ato Si segnalano: • atti v i tà di s po rtel l o , che mettono in relazione diretta le organizzazioni di volontariato e gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, con annessa m appat ura del vol ont ari at o e

l’organizzazione di dibattiti e confronti; • atti vi tà di stage e/ o l aboratori con collegamenti di peer education (“educazione tra pari/coetanei”). Si tratta di una modalità riferita soprattutto ai giovani delle scuole superiori, capace di mettere in relazione il volontariato, la vita di gruppo e la condivisione delle esperienze con i propri coetanei. Il periodo di stage o di laboratorio può essere una settimana intensiva oppure un periodo più diluito, fino ad un intero anno scolastico. Rispetto ai contenuti si possono evidenziare progetti che si incrociano con la futura esperienza lavorativa, attraverso il riconoscimento delle competenze che l’attività di volontariato permette di conseguire. Sempre più diffusa anche la cosiddetta peer education soprattutto tra i giovani e i giovani-adulti, dove alcuni, opportunamente formati, intraprendono attività educative (o associative) con persone di pari età. Tra le altre iniziative concrete: uno sportell o di o ri entamento al v o l o ntari ato presso l e uni versi tà, gl i stage nel l e as s oci azi oni per s tudenti di s cuol a superiore, percorsi itineranti e teatrali per avvicinare al volontariato e le officine della solidarietà: queste ultime consistono in uno spazio organizzato, all’interno del quale i volontari interagiscono, con gli studenti in visita, presentando le proprie associazioni con percorsi di animazione. Il progetto è rivolto alle scuole medie e superiori e prevede una rappresentazione teatrale di introduzione ai temi trattati nella visita. Formazi one Le proposte formative, nella maggior parte dei casi prevedono la FaD (Formazi one a Di stanza), atti vi tà di ti roci ni o, di acco mpag namento e di co ns ul enza;

IL GRANDE PORTALE DELLA LINGUA ITALIANA PER STRANIERI

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E’ on line il nuovo portale dedicato agli stranieri per una migliore conoscenza dell’italiano e dei valori della cittadinanza: www.italiano.rai.it Uno strumento rivolto agli stranieri per imparare l’italiano di base, avvicinarsi ai principi della Costituzione e comprendere i vari aspetti della vita civile del nostro Paese. Il Portale, cofinanziato dal Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi terzi (Fei), è stato realizzato dai Ministeri dell’Interno, dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (Miur) e da Rai Educational.


VOLONTARIATO

ATTRIBUZIONE CODICE FISCALE A ENTI: LA RICHIESTA SI PUO’ PREPARARE AL PC Il modello AA5/6, che consente ai soggetti diversi dalle persone fisiche (enti, associazioni, fondazioni, condomini, parrocchie, ecc.) di ottenere il codice fiscale, è on line. È possibile, quindi, compilarlo al computer collegandosi al sito dell’Agenzia delle Entrate. Editabili anche il modulo tradotto in inglese, tedesco e sloveno. Gli interessati sono gli enti non obbligati alla dichiarazione di inizio attività perché non esercitano un’attività rilevante ai fini dell’Iva, ma che sono comunque tenuti a “dotarsi” di codice fiscale. Una vol ta i nseri ti i dati è necessari o stamparl o, fi rmarl o e consegnarl o ad un qual si asi uffi ci o del l ’Agenzi a del l e Entrate. L’editabile è uno strumento alternativo al modulo cartaceo; il programma non effettua verifiche o controlli delle informazioni inserite. Inoltre, non è consentito il salvataggio del file sul computer né la sua trasmissione direttamente online. si privilegia la metodologia interattiva, ma vi sono anche percorsi di tipo seminariale ed informativo. Una menzione particolare va all’utilizzo della FaD, utile alle grandi organizzazioni sia per trasferire le buone prassi tra le varie sedi, sia per la programmazione, coordinamento e supporto delle attività. Progettazi one soci al e Quattro progetti tematici descrivono azioni innovative di contrasto alla povertà messe in atto da associazioni in rete tra loro e con le istituzioni locali. Si tentano soluzioni ai problemi abitativi, all’alimentazione, ecc. Un altro gruppo di progetti riguarda convenzioni ed attività in rete (particolarmente innovative) con istituzioni locali quali la questura, il Forum del terzo settore ed una serie di partner internazionali. Altri progetti si propongono la ricerca di fondi per lo sviluppo della progettazione sociale delle associazioni, attraverso la “borsa sociale della progettazione”, la Fondazione di comunità, il Fondo Sodalis ed il Progetto InVolo.

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Reti ed ani mazi one terri tori al e Tra le iniziative realizzate: • la Rete del l e scuol e di i tal i ano per l ’i ntegrazi one l i ngui sti ca e soci al e dei mi granti . • il Di s tretto di eco no mi a s o l i dal e l o cal e: una struttura che valorizza la produzione e lo scambio prevalentemente locale di beni e servizi di qualità, creando un circuito economico, oltre che sociale e culturale, tra realtà locali. • i Coordinamenti locali di comunità: strumenti di partecipazione dal basso, nonché di promozione e sviluppo dei territori, con il compito di valutare bisogni sociali, esprimere scelte strategiche, definire obiettivi a medio e lungo termine.

• i Laboratori fami gl i a: un progetto di valorizzazione e messa in rete delle associazioni che si occupano di famiglia, attraverso la costruzione di 3 laboratori in 3 quartieri della città di Parma, luoghi di incontro tra volontari e famiglie per costruire un benessere di comunità. • la Pi attaforma auto mutuo ai uto: sostegno e orientamento ad associazioni e gruppi che praticano la metodologia dell’auto-mutuo aiuto o che sono interessati ad intraprendere esperienze simili. Al tre categori e Alcune iniziative censite: • lo S portello del volontariato in tribunale a Reggio Emilia. A disposizione degli utenti c’è un luogo, gestito da volontari, dedicato ad ottenere informazioni ed assistenza in merito all’amministratore di sostegno delle persone dichiarate non autonome, anziane o disabili. Dal sito internet del tribunale sarà possibile ottenere informazioni e prenotazioni, scaricare i moduli e predisporre autonomamente i documenti necessari. • Fondo di garanzi a per l ’accesso al credi to del l e organi zzazi oni di vol ontari ato: il progetto mira a sopperire alla tradizionale difficoltà delle associazioni nella prestazione di garanzia per l’attivazione di un credito bancario. Per questo è stato costituito un fondo di garanzia ed è stata attivata una convenzione con Fidi Toscana Spa, cui spetta tutta l’attività istruttoria sulle richieste di finanziamento. Sono previste condizioni di tasso agevolate e servizio di assistenza per la redazione delle richieste di fido e nel controllo delle pratiche. • Intermedi azi one con Banca Prossi ma: attività di intermediazione che dà la possibilità alle associazioni di un contatto diretto e dedicato con Banca Prossima.


TERZO SETTORE 11

Cittadini e organizzazioni solidali in epoca di crisi di Renato Frisanco

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ecentemente tre rilevazioni di importanza nazionale segnalano quanto conta la solidarietà nel nostro Paese in un periodo di lunga crisi economica. La solidarietà è intesa o in termini di propensione alla donazione economica (filantropia), o come disponibilità a donare tempo e competenze per gli altri/comunità, ovvero alla donazione come relazione con l’«altro da me» bisognoso di attenzione. Tale termometro permette di stimare se il capitale di civismo e di solidarietà riscontrati sono in grado di contrastare la crisi economica, al tempo stesso culturale e valoriale, attenuandone gli effetti più negativi. La prima ricerca (2013), affidata ad AstraRi cerche dal l a Cas a del l a Cari tà di Milano sul tema “Gli italiani e la carità“, conferma che nella maggioranza dei casi i cittadini sono “generosi, altruisti e solidali”. L’Italia dal “cuore in mano” rappresenta il 53,6% della popolazione dai 15 ai 69 anni (campione stratificato di 1.003 intervistati). Tuttavia la crisi incide in termini quantitativi in quanto, rispetto alla precedente rilevazione del 2005, diminuiscono significativamente sia i donatori abituali sia coloro che “fanno spesso la carità a chi la chiede per strada”, mentre tiene sostanzialmente l’aliquota dei cittadini impegnati in attività di volontariato (scende solo dal 24% al 23%). Pertanto se la crisi con il relativo impoverimento medio della popolazione contrae la “carità“, intesa come esborso economico o aiuto materiale, non incide invece sulla propensione alla do nazi o ne di s é agli altri, ovvero sull’esperienza di volontariato. L’infrastruttura sociale della carità tiene. Lo dimostra anche il fatto che i cittadini nel definire il significato lessicale della carità più che il comportamento di aiuto concreto e materiale sottolineano l’atteggiamento della pro-socialità (responsabilità) o il valore dell’atto come relazione (amore, fraternità, attenzione, vicinanza morale, pietà). “Solidarietà e fraternità“ emergono come le parole chiave della “carità“, che d’altra parte non appare oggi espressione esclusiva dell‘esperienza dei cristiani avendo

la ricerca evidenziato in generale tra gli intervistati - siano essi “aridi” o “generosi” “un cristianesimo tiepido”, che si confronta oggi con il pontificato francescano. Emerge poi il nesso tra carità e “dignità della persona“ in quanto tale, mentre risulta secondario quello tra carità e “giustizia“, come se rispetto alla speranza di cambiamento - con il superamento delle ineguaglianze economiche - prevalga l’assuefazione e il ripiegamento dei cittadini a scapito della spinta politica verso una società più giusta e democratica. I cittadini sembrano disposti ad impegnarsi più in una logica di “ammortizzatori sociali” che con una visione alternativa della società e del suo modello di sviluppo. E’ questo un riscontro che segnala la necessità di ribadire in tutte le sedi l’importanza della cultura del dono insieme alla funzione di advocacy, ovvero del l a tutel a dei cittadini, a cominciare dalle fasce più deboli della popolazione, per promuovere con la cittadinanza attiva anche il perseguimento di una maggiore giustizia sociale. Il tema della povertà si palesa oggi come una sfida per affrontare quello di un nuovo modello di sviluppo, superando l’attuale focalizzazione sull’«efficienza economica» come paradigma dello sviluppo. La seconda ricerca riguarda l‘andamento delle donazioni raccolte da circa 200 organizzazioni non profit nel 2012 e quelle stimate nel primo semestre 2013. E’ stata realizzata dall’Osservatorio di sostegno al Non Profi t s oci al e del l ’Is ti tuto Ital i ano del l a Do nazi o ne in collaborazione con l’Associ azi one Ital i ana Fundrai ser. I dati segnalano una sostanziale tenuta delle donazioni rispetto all’anno precedente che però registrava un bilancio in rosso di offerte di cittadini e imprese. Il ciclo negativo della crisi economica ha pertanto ancora effetti sulle entrate nei bilanci 2012 delle organizzazioni non profit. Lo attesta soprattutto il fatto che la raccolta peggiora nel primo semestre del 2013. In tempi di crisi i donatori fedeli, pur continuando a sostenere le associazioni di cui si fidano, lo fanno con importi inferiori. Diminuisce anche la percentuale


TERZO SETTORE

delle organizzazioni non profit che si aspettano un miglioramento (gli “ottimisti”) nel 2013. Ad incidere secondo i responsabili di queste organizzazioni vi sono soprattutto, la “minore disponibilità economica dei donatori” (41%) e, a seguire, la difficoltà ad allargare la cerchia dei donatori (37%), tipici fattori di crisi. In sostanza la donazione diretta per sostenere chi fa del bene non cresce e mantiene le posizioni al ribasso degli anni precedenti, pur se occorre ricordare che la generosità degli italiani si esprime anche con la massiccia propensione ad assegnare il 5 per mille della fiscalità generale, strumento che permette oggi di distribuire alle organizzazioni non profit circa 400 milioni di euro. La terza ricerca consiste nel censi mento IS TAT del l e i s ti tuzi oni non profi t (INP) realizzata nell’ambito del “9° Censimento dell’Industria e dei servizi” e che fotografa la situazione al 31.12.2011. I primi risultati dimostrano che rispetto all’analogo censimento del 2001 le INP sono cresciute del 28% superando la quota delle 300 mila unità. Vi sono comprese tutte le “famiglie“ del variegato universo del non profit, dall’Università Bocconi al piccolo gruppo di volontariato che assiste i barboni, dalle associazioni di promozione sociale, a quelle culturali e sportive, dalle cooperative sociali alle Fondazioni, dalle organizzazioni religiose a quelle politiche e sindacali, fino alle associazioni di categoria. Questo arcipelago eterogeneo di figure giuridiche e organizzative rappresenta il 6,4% delle unità giuridicoeconomiche attive in Italia e il 3,4% degli addetti (dipendenti). Viene stimato anche un valore economico intorno al 5% del PIL (Prodotto Interno Lordo), indicatore quest’ultimo inadeguato a rappresentare la ricchezza prodotta dal non profit perché trascura il “valore aggiunto sociale“ che qualifica tale mondo. Dai dati forniti dall’ISTAT1 emergono al riguardo alcuni aspetti degni di menzione. Il primo è che essi non forniscono lo spaccato delle varie “famiglie“ del non profit o Terzo settore, ma solo delle entità comprese nel Codice Civile - associazioni riconosciute, non riconosciute, fondazioni, cooperative sociali e comitati - per cui non possiamo sapere, ad esempio, quante sono, dove sono, cosa fanno e di quali risorse usufruiscono le organizzazioni di volontariato. Questo an-

che per la definizione di “volontario” che non è mutuata dalla L. 266/1991 in quanto viene considerato tale unicamente chi non percepisce alcun compenso dall’organizzazione in cui opera, indipendentemente dal fatto che svolga un’attività esclusivamente a beneficio di terzi (“interesse generale”) o degli associati (“bene comune”, si pensi ad esempio al socio di una bocciofila o di una associazione basata sul condiviso interesse dei soci per la filatelia). Pertanto i 4,8 milioni di volontari censiti dall’ISTAT andrebbero drasticamente ridotti a meno della metà se utilizziamo anche il criterio della solidarietà verso terzi. Inoltre crescono proporzionalmente di più i volontari (43,5%) che le organizzazioni con volontari (10,6%) che rappresentano l’80% del totale. Si potrebbe dire che il 20% delle INP prive anche di un solo volontario perderebbero uno dei requisiti accordato dalla comunità scientifica alla definizione di unità non profit, oggi identificata con Terzo settore2. E qui si pone un altro problema: vi è o no differenza tra “non profit” e “Terzo settore” o sono termini equivalenti? Non è forse il caso di prendere al riguardo una posizione netta e stabilire che se il non profit deve rispettare i due criteri inclusivi previsti dall’ISTAT - e dal sistema statistico europeo a cui tale istituto è vincolato - divieto di distribuzione di utili e natura giuridica privata - il Terzo settore ha in più il requisito peculiare della “democraticità“ in quanto espressione della diretta partecipazione dei cittadini. Il volontariato all’interno di questa componente si caratterizza invece per la specifica caratteristica di “gratuità come dono“ che fonda relazioni e legami tra le persone che determinano a loro volta fiducia e coesione sociale, beni oggi degradati ma vitali anche per la ripresa economica. Il volontariato fonda relazioni autentiche tra le persone e come tale è importante non solo per quello che fa, ma soprattutto per i valori che afferma e che testimonia nel suo fare, per cui oltre che “socialmente utile“, come le altre forze del Terzo settore, esso è “eticamente necessario“. Da qui il valore educativo della solidarietà per fondare una società di cittadini attivi e responsabili del bene comune senza i quali la solidarietà diviene semplice filantropia, perdendo la sua forza di cambiamento nella semplice filantropia.

1 Cfr., ISTAT, 9° Censimento dell’industria e dei servizi e Censimento delle istituzioni non profit. Primi risultati, Roma, ISTAT, 2013.

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2 Gli altri requisiti sono: la natura giuridica privata, la formale costituzione (atto costitutivo e statuto), la non distribuzione di utili tra gli associati e l’autogoverno dell’organizzazione.


CITTADINANZA ATTIVA

Europa, sei piste per la corsa dei cittadini di Alessio Affanni

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’ stata presentata la Rel azi o ne co ncl us i v a s ul l ’Anno euro peo del l a ci ttadi nanza atti v a 2 0 1 3 , che espone 12 modi concreti per aiutare i cittadini europei ad utilizzare al meglio i propri diritti comunitari. Proposte chiave che hanno l’obiettivo di rendere più facile lavorare e fare formazione in un altro paese dell’UE, ridurre le pratiche burocratiche eccessive per i cittadini che vivono e viaggiano nell’UE ed eliminare le barriere per gli acquisti transfrontalieri. Viviane Reding, vice presidente della Commissione europea per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza ha dichiarato che sin da quando è stata inclusa nel Trattato di Maastricht del 1993, la cittadinanza europea è stata in continua evoluzione, anche se tale condizione non si esprime tuttora nel suo senso compiuto: alla Commissione europea pervengono ancora oltre 1 milione di richieste all’anno, da parte dei cittadini, su questioni che riguardano i loro diritti. Ecco perché oggi - prosegue la Reding - si stanno adottando azioni per rafforzare i diritti dei cittadini in situazioni quotidiane, come cerc are un l av o ro , e f f e t t uare ac qui s t i o n-l i ne e, s o prattutto , prendere parte al pro ces s o deci s i o nal e a l i v el l o euro peo . Due decen n i do p o i l Trat t at o , i ci t t adi n i dell’UE in una consultazione pubblica hanno indicato casi di ostacoli burocratici che ancora devono affrontare, per esempio, quando esercitano il loro diritto alla libera circolazione. Sulla relazione finale l’Anno europeo della cittadinanza 2013 annuncia 12 nuovi interventi (azioni) divisi in 6 aree per raffo rzare i di ri tti dei ci ttadi ni :

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• Ri mo zi o ne di o s taco l i per i l av o rato ri , s tudenti e ti ro ci nanti nel l a UE Si tenterà di estendere il diritto di chi cerca lavoro a ricevere l’indennità di disoccupazione dal proprio paese d’origine, agevolando, inoltre, coloro che sono alla ricerca di un lavoro in un altro Stato membro dell’Unione europea; si intende anche raggiungere una definizione qualitativa per i tirocini, specificando i diritti e gli obblighi delle parti, affinché lo strumento

del tirocinio non venga utilizzato come una forma di lavoro non pagato. • Ri duzi o ne del l a buro crazi a neg l i Stati membri Si vuole facilitare l’accettazione di documenti di identità e di soggiorno quando i cittadini vogliono viaggiare o devono dimostrare la propria identità in un altro paese dell’UE, anche mediante documenti europei uniformi opzionali che i cittadini possano utilizzare in tutti i paesi europei, facilitando così il controllo tecnico transfrontaliero. • Ag ev o l are l e pers o ne co n di s abi l i tà Creare una Carta europea della disabilità, affinché questa possa essere riconosciuta in tutta l’UE e facendo in modo che gli 80 milioni di persone con disabilità possano fruire ovunque dei benefici previsti dalle normative nazionali (per esempio l’accessibilità ai trasporti, al turismo, alla cultura e al tempo libero); agevolarli nell’esercizio del loro diritto alla libera circolazione e proponendo una serie di leggi che rafforzi i diritti dei più deboli, in particolare bambini e cittadini in condizioni di fragilità. • El i m i n a z i o n e de l l e b a rri e re al l ’acqui s to i n ambi to euro peo Ci si propone di migliorare le regole per risolvere le controversie transfrontaliere in caso di l’acquisto di prodotti on-line effettuati in un altro paese dell’UE, attivando un procedimento europeo per controversie di modesta entità che possano aiutare i consumatori a ottenere il loro risarcimento rapidamente; l’ipotesi è uno strumento on-line che renda l’acquisto di prodotti più trasparente e permetta ai cittadini di confrontare le varie offerte. • Pro muo v ere l a di s po ni bi l i tà di i nfo rmazi o ni mi rate e acces s i bi l i s ul l ’UE Si vogliono fornire strumenti di formazione per le amministrazioni locali e fornire informazioni ai cittadini per sapere a chi rivolgersi per risolvere i loro problemi. • Raffo rzare l a parteci pazi o ne dei ci ttadi ni al pro ces s o demo crati co


CITTADINANZA ATTIVA

Si intende lavorare sui modi che consentano ai cittadini dell’UE di mantenere il diritto di voto alle elezioni nazionali del proprio paese di origine, nel caso si spostino in un altro paese dell’Unione europea. Una maggiore integrazione tra europei, questa è l’idea della Commissione, deve andare di pari passo con una maggiore legittimità democratica. Ed è per questo che la Commissione intende prendere visione dei risultati emersi da questo Anno europeo dei cittadini per individuare gli ostacoli restanti che impediscono, ai cittadini stessi, di fare pieno uso dei loro diritti: si va dal rafforzamento dei diritti dei circa 75 milioni di vittime di reati all’anno in tutta l’UE, alla riduzione della burocrazia (cosa che determinerebbe anche risparmi di milioni di euro), al divieto di spese extra per coloro che effettuano acquisti online, fino al diritto ad un processo equo per tutti i cittadini europei. Temi centrali rimangono, quindi, la partecipazione politica e civica nell’Unione europea, il legame tra cittadinanza e identità (soprattutto per le giovani generazioni in un contesto europeo centrale e orientale) e il ruolo delle persone vulnerabili. A proposito di tutto questo, si ricorda che le principali organizzazioni e reti della società civile italiana si sono unite e hanno creato l’Al l eanza AEC2 0 1 3 per avanzare proposte rivolte a collocare la cittadinanza europea al centro dell’agenda politica dell’UE. Facendo affidamento sull’esperienza e le conoscenze dei suoi membri che continuamente operano perché la cittadinanza diventi una dimensione permanente e trasversale del processo decisionale, dell’attuazione e della valutazion e del l e p o l i t i ch e p ub b l i ch e euro p ee, l’Alleanza AEC2013 promuoverà attività che ab b i an o un i mp at t o s ul l a co s t ruzi o n e di un’Unione europea dalla parte dei cittadini, che non sarà più ristretta solamente a preoccupazioni di natura economica e che faciliterà e sosterrà varie espressioni e la mobilitazione della cittadinanza attiva. Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.ey 2013italia.eu, dove è possibile leggere anche una nota sulle proposte e le attività in corso. Tra i vari temi segnaliamo:

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• riconoscere il ruolo della cittadinanza attiv a qual e fo n damen t o del l a demo crazi a, rafforzando in tal senso l’art. 11 del Trattato di Lisbona e assicurando migliore applicazione e concretezza agli strumenti da esso previsti; • responsabilizzare le amministrazioni na-

zionali, regionali e locali rispetto al loro ruolo fondamentale di tramite tra il cittadino e le decisioni che vengono prese al livello dell’Unione europea, anche mediante appositi strumenti e processi con cui le organizzazioni della società civile e il singolo possano partecipare concretamente alla definizione delle posizioni nazionali nel quadro delle più ampie scelte europee; valorizzare il ruolo del volontariato ed in particolare il migliore riconoscimento delle competenze acquisite durante le esperienze di v o l o n t ari at o ed i n g en eral e dell’educazione non formale e informale ed una facilitazione ai finanziamenti europei basato sull’attribuzione di un valore anche economico al contributo dei volontari; favorire l’inclusione sociale delle fasce di popolazione più fragili, tenendo conto, in particolare, degli over 50, giovani, donne, immigrati, persone con disabilità anche psichica, soggetti poco specializzati e con reddito estremamente basso nonché azioni di inclusione sociale che abbiano come obiettivo la rimozione delle barriere discriminanti, anche alla partecipazione, e attuando così il pieno diritto alle pari opportunità ed uguale trattamento (assetto ed efficienza dei servizi del territorio, il rafforzamento della “rete” degli attori coinvolti, il sostegno alla famiglia, la vigilanza sulla corretta applicazione delle leggi e il loro adeguato finanziamento); favorire per i giovani l’accesso al credito, co me s o s t eg n o al l ’aut o i mp i eg o , all’autoimprenditoria e all’autonomia, eliminando così uno dei principali ostacoli sostanziali per la piena fruizione dei diritti di cittadinanza fondamentali, quali il lavoro, la casa, la salute, l’istruzione e la formazione; riconoscere alla cultura un ruolo fondamentale nella costruzione della cittadinanza attiva europea, considerando l’accesso alla cultura, all’educazione e all’istruzione un diritto essenziale; riconoscere a tutti i residenti di lunga presenza nell’UE la garanzia di poter partecipare a tutte le decisioni che li riguardano, con particolare riferimento al diritto di voto a livello locale ed europeo; armonizzare i procedimenti con i quali si acquisisce la cittadinanza degli Stati membri e quindi quella europea, analizzando come quest’ultima, in futuro, possa essere conferita anche in maniera indipendente; armonizzare e implementare concretamente le diverse politiche migratorie degli Stati membri e migliorare e attuare concretamente gli strumenti comuni dell’UE.


TERZO SETTORE

5 per mille: nuove Linee Guida sulle rendicontazioni a cura di Alessio Affanni

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li enti del terzo settore che hanno beneficiato del 5 per mille hanno l’obbligo di rendere conto della destinazione delle somme percepite, obbligo introdotto dalla legge finanziaria 2008 (Legge 4 dicembre 2007, n. 244) e previsto per gli anni successivi dai Decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri del 19/3/2008, 3/4/2009 e 23/4/2010 che hanno regolamentato specificatamente la materia. L’obbligo di rendicontazione riguarda le quote percepi te a parti re dal l ’anno fi nanzi ari o 2008, cioè le somme destinate dai contribuenti con la dichiarazione IRPEF presentata nel 2008 (relativa ai redditi del 2007). Gli enti di volontariato e le Onlus che hanno percepito somme pari o superi ori a euro 15. 000, 00 sono tenuti all’invio al Ministero del lavoro del modello di rendiconto e della relativa relazione illustrativa nei casi previsti dalle Linee Guida o alle integrazioni richieste dalla Direzione Generale del Terzo settore del Ministero. Gli altri che hanno percepito importi inferiori sono tenuti comunque alla rendicontazione e alla custodia di tale documentazione presso la sede legale per un periodo di dieci anni, a disposizione di eventuali verifiche amministrativo-contabili. Per quanto riguarda il 5 per mille 2006 2007 (prime due erogazioni) sono tenute a presentare il rendiconto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali es cl us i v am ent e l e as s o ci azi o ni sporti ve di l ettanti sti che. A parti re dal 5 per mi l l e 2009 (dichiarazione IRPEF presentata nel 2009, relativa ai redditi percepiti nell’anno 2008) sono tenuti all’invio al Ministero gli enti beneficiari di somme pari o superi ori a 2 0 . 0 0 0 , 0 0 euro (D.P.C.M. 3/4/2009,

art.11 e segg.). Con due successive leggi, nel 2011, tali disposizioni sono state prorogate e quindi anche per i l 5 per mi l l e del 2 0 1 1 e 2 0 1 2 per gli enti beneficiari ri m ane l ’ o bbl i g o di rendi co nt azi o ne delle somme percepite. Per supportare gli enti nell’assolvimento dell’obbligo di rendicontazione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha predisposto un model l o di rendi conto, accompagnandolo a “Linee guida” che chiariscono termini, modalità, ambito di competenza ed ogni altro onere a cui sono tenuti gli enti beneficiari, nonché le sanzioni previste in caso di inadempimento. Si ricorda anche che le somme percepite vanno rendi contate entro un anno dal l a data di erogazi one. Il rendiconto, dovrà essere trasmesso alla Direzione Generale del Terzo Settore – Divisione I – Via Fornovo, 8 – 00192 Roma – per gli enti che hanno percepito contributi di importo superiore o uguale a 20.000,00 euro – entro 30 giorni dopo la scadenza per la compilazione, seguendo il modello e le Linee Guida sopra citate. S i ri chi ede l ’i no l tro del rendi co nto e dei suoi al l egati escl usi vamente con raccomandata A/ R. La Direzione Generale per il Terzo Settore ha pubblicato, recentemente (a luglio scorso), le nuove Li nee Gui da sul l a rendi contazi one del 5 per mi l l e‚ con nuove indicazioni rispetto a quelle fornite nelle Linee guida già pubblicate a dicembre 2010. Sono rimasti fermi i termini di redazione (un anno‚ conteggiato a partire dalla fine del mese nel quale si sono ricevute le somme) e di invio del rendiconto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali‚ nel caso in


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cui l’associazione/ente beneficiario abbia ricevuto un importo pari o maggiore a 20.000,00 euro (l’invio va fatto entro 30 giorni dal termine previsto per la redazione del rendiconto stesso). Per tutti gl i enti (anche quel l i non tenuti al l ’i nvi o) resta, comunque, l ’obbl i go di rendi co ntare co me hanno uti l i zzato l e somme ottenute dal 5 per mi l l e. In relazione alle novità‚ si segnala: a) la possibilità di accantonare somme per un progetto specifico: detta quota deve essere comunque spesa entro 24 mesi dall’incasso del 5 per mille‚ con un rendiconto supplementare che‚ richiamando il rendiconto precedente‚ specifichi che si tratta di parte accantonata. La parte non accantonata‚ come di consueto, deve invece essere spesa entro un anno da quando è stata ricevuta; b) la possibilità di acquistare beni mobili registrati (es. autovetture‚ ambulanze) allegando alla rendicontazione una dichiarazione del rappresentante legale con la quale si esplicita che per l’acquisto di detti beni non si è fruito di alcun finanziamento pubblico; c) la possibilità di utilizzo per il pagamento delle risorse umane‚ allegando al rendiconto copia delle buste paga dei dipendenti nel caso in cui si sia utilizzato più del 50% dell’importo del 5 per mille ricevuto; d) per tutte le spese sostenute utilizzando il 5 per mille‚ la data di imputazione dei costi è a partire dalla pubblicazione degli elenchi delle associazioni beneficiarie sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (non di quella di pubblicazione degli elenchi sul sito dell’Agenzia delle entrate); e) diventa obbligatoria la relazione descrittiva da allegare al rendiconto; f) la rendicontazione si potrà inviare al Ministero solo in formato cartaceo (non è più possibile inviarla per posta elettronica certificata); g) nelle Linee Guida è ammessa la possibilità di redigere un bilancio sociale in alternativa allo schema di rendiconto predisposto dal Ministero; in tal caso l’associazione dovrà pubblicarlo sul proprio sito dandone comunicazione al Mi-

nistero stesso (nel caso non fosse pubblicato sul sito, tale bilancio sociale andrà inviato al Ministero). Sempre in merito al 5 per mille è utile sapere che sul sito del Ministero sono pubblicati anche i Decreti direttoriali relativi agli e l e n c h i de i re n di c o n t i ri t e n u t i conformi al l e Li nee Gui da. Sul sito sono presenti anche gli el enchi dei pagamenti effettuati : l ’ul ti mo è rel ati vo al 5 per mi l l e del 2011. La procedura di versamento agli enti beneficiari degli importi ottenuti dal 5 per mille è la seguente: l’Agenzia delle entrate, sulla base delle scelte operate dai contribuenti per ciascun anno finanziario, trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze, i dati occorrenti a stabilire gli importi delle somme che spettano a ciascuno degli enti beneficiari. Le somme da stanziare per la corresponsione del 5 per mille sono iscritte in bilancio sull’apposito Fondo dello Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. La corresponsione a ciascun ente delle somme spettanti, sulla base degli elenchi all’uopo predisposti dall’Agenzia delle entrate, è predisposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per gli enti del volontariato e delle Onlus. L’ente beneficiario non ha diritto alla corresponsione del contributo qualora, prima dell’erogazione delle somme allo stesso destinate, risulti aver cessato l’attività o qualora non svolga più l’attività che da’ diritto al beneficio. Ai sensi del D.P.C.M. del 23 aprile 2010 non vengono erogate le somme di importo complessivo inferiore a 12,00 euro. Sul sito del Ministero sono indicate anche le seguenti raccomandazi oni . Si invitano gli enti a verificare l’esattezza delle proprie coordinate IBAN per l’accredito del 5 per mille e, in caso di mancato accredito per problemi di IBAN, comunicare le nuove coordinate mediante apposito modello presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate (non al Ministero del lavoro). La Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate trasmetterà al Ministero un successivo elenco con le coordinate IBAN rettificate, consentendo, così, i pagamenti non andati a buon fine.


UNEBA

Una tantum Riepilogo delle modalità di erogazione e aspetti fiscali A che cosa serve Oltre che a compensare forfetariamente un determinato periodo contrattuale nei confronti dei lavoratori dipendenti, la funzione principale dell’Una tantum agli occhi degli Enti datori di lavoro, nella presente circostanza, è che tale erogazione assorbe e annulla anche per il futuro l’Invalidità di Vacanza contrattuale (I.v.C.) che era stata introdotta dall’art.2 CCNL 27.5.2004 e non era stata nel frattempo disdettata, anche per assenza di contrattazione normativa. Importi da corri spondere Gli importi dell’Una tantum sono quelli indicati dalla Tabella B dell’art.42 del CCNL Uneba in vigore dall’8 maggio 2013, per comodità appresso riportati: Tabella B Livello Quadro l° 2° 3° S 3° 4° S 4° 5° S 5° 6° S 6° 7°

Una Tantum 180,00 169,29 159,64 147,86 142,50 135,00 130,72 128,57 125,36 12214 118,93 110,36

Chi ne ha di ri tto Hanno diritto a percepire l’Una Tantum tutti i dipendenti presenti sul Libro Unico il giorno 8 maggio 2013 sia con contratto a tempo indeterminato che determinato. Ini nfl uenza su al tri i sti tuti contrattual i L’Una Tantum non incide su alcun istituto di natura retributiva, diretto o indiretto, di-

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sciplinato dal CCNL Uneba (a titolo esemplificativo e non esaustivo: trattamento di fine rapporto, tredicesima e quattordicesima mensilità, quota oraria ecc.). Assorbi l i l i tà Dagli importi Una Tantum di cui ai punti precedenti potranno essere dedotte, fino a concorrenza, le eventuali erogazioni corrisposte a titolo di anticipazione e/o acconto derivanti da accordi stipulati ai livelli decentrati. Poiché il CCNL non richiede che debba trattarsi di accordi “collettivi”, sarà possibile l’assorbimento anche di eventuali anticipazioni individuali. Computo L’Una Tantum sarà conteggiata per trentacinquesimi (periodo 1.1.10 – 30.11.12 = 35 mesi) e sarà commisurata all’effettivo servizio nello stesso lasso di tempo, attribuendo tanti trentacinquesimi di Una Tantum per quanti sono stati i mesi di servizio individualmente prestati. Non saranno considerate le frazioni di mese fino a 14 giorni; per contro le frazioni di mese pari o superiori ai 15 giorni saranno considerate come mese intero. La semplice formula di calcolo è la seguente: Importo (Tab. B) X n. °mesi servizio = U. T. 35 Non sono considerate servizio le sole assenze per le quali non decorre alcuna forma di trattamento economico né a carico del datore di lavoro né di Enti previdenziali ed assicurativi. Concorrono pertanto a formare l’Una Tantum i congedi di maternità (astensione obbligatoria) ed i congedi parentali (astensione facoltativa), le malattie e gli infortuni, le RoL, i permessi retribuiti di qualsiasi natura. Non sono invece considerate le eventuali aspettative non retribuite. Gli importi si intendono riferiti al tempo

Il nuovo “Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dipendente dai settori socio assistenziale, sociosanitario ed educativo Uneba 2010-2012”, a suo tempo pubblicato sul sito www.uneba.org, è ora disponibile anche in versione stampata. Per informazioni e richieste telefonare alla segreteria dell’Uneba – tel. 06.59.43.091


UNEBA

pieno e pertanto verranno riproporzionati, per i lavoratori a tempo parziale, all’orario ridotto dedotto nel contratto individuale, secondo la formula:

essere qualificate giuridicamente arretrati ed essere assoggettate a tassazione separata. Le “particolari condizioni” richieste al fine di applicare il regime di tassazione separata risultano integralmente rispettate nel nostro Importo (Tab. B) x ore P. T. x n°mesi servizio= U. T. caso. E’ infatti richiesto che il contratto 38 35 collettivo preveda espressamente le seguenti circostanze: Nel caso di intervenuta variazione • le somme in questione sono erogate in dell’orario part time o di passaggio da fullluogo di puntuali aumenti contrattuali time a part-time o viceversa, la formula che avrebbero dovuto interessare periodi sarà: pregressi; • le somme sono corrispoImporto (Tab.B) x ore P.T + Importo (Tab.B) x ore P.T. x n° mesi serv. = U.T. ste in relazione al periodo 38 38 35 carente di regolamento contrattuale; • le somme sono determinate sulla base dei IRPEF: Tassazi one separata mesi di effettiva prestazione, con riproL’Una Tantum sarà assoggettata, ai fini Irporzionamento dell'importo in caso di pef, a tassazione separata (aliquota corriprestazione di lavoro a tempo parziale. spondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore In subordine sarà possibile applicare la tasa quello in cui è avvenuta la percezione delsazione in forma fissa del 23 %, ma ciò le somme). comporterà una successiva verifica da parte Infatti L'Agenzia delle Entrate, con propria del fisco ed eventuali conguagli rispetto alla risoluzione (n. 43 del 16 marzo 2004, rifetassazione separata. rita ad una “una tantum” derivante dal rinInps ed Inai l novo del contratto collettivo degli autoferAi sensi della circolare Inps n.52 del 2006, rotranviari del 20 dicembre 2003 pagata nel l’importo della Una tantum è imponibile corso del 2004) affermava che le somme, ai fini contributivi assicurativi e previdenerogate "una tantum" in occasione del rinziali in cumulo con la retribuzione afferente novo del contratto collettivo di lavoro, posil mese di erogazione. sono, al verificarsi di precise condizioni,

INTERVALLI TRA CONTRATTI A TERMINE: POSSIAMO STIPULARE UN NUOVO CONTRATTO DOPO 10/20 GIORNI

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ella nota pubblicata il 13 agosto 2013 sul sito www.uneba.org, dal titolo: “CCNL Uneba: deregulation per il contratto a termine”, tuttora presente nella parte riservata, suggerivamo, per criteri cautelativi ed in attesa di migliori chiarimenti, di rispettare intervalli tra un contratto a termine ed il successivo di un medesimo lavoratore per 20 giorni (contratto inferiore a sei mesi) e per 30 giorni (contratto superiore a sei mesi), così come previsto dall’art. 18 del nuovo CCNL Uneba 8.5.13, pur in presenza di un successivo intervento legislativo (art.7, D.L. 26.06.13 n.76 noto come “pacchetto lavoro”) che riduceva ulteriormente tali intervalli rispettivamente a 10 e 20 giorni. Il Ministero del Lavoro, con nota n. 5426 del 4.10.13, precisa che la regolamentazione contrattuale (a quel momento di miglior favore rispetto alla riforma Fornero, che richiedeva addirittura 60 e 90 giorni), appare oggi superata a seguito del predetto intervento legislativo che ha ridotto i n vi a ordi nari a gli intervalli temporali a 10 e 20 giorni. Il Ministero riconosce anche come il D.L. 76/13 abbia di fatto “vanificato” gli interventi di flessibilizzazione posti in essere dalla contrattazione collettiva, esattamente come Uneba aveva già lamentato nel documento del 13 agosto. Ad ogni buon conto, Uneba scioglie la riserva ed indica ai propri Associati che gli intervalli minimi da rispettare sono di 10/20 giorni a prescindere dall’art.18 CCNL Uneba 8.5.13.


* a cura di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

Norme giuridiche e Giurisprudenza n.155 STATO

Per ogni domanda e richiesta di chiarimento in merito alla progettazione, chi è interessato potrà formulare un quesito in forma scritta all’indirizzo di posta elettronica bandoFNPSA@serviziocentrale.it e le domande e risposte saranno costantemente pubblicate nella pagina FAQ del sito www.serviziocentrale.it.

LINEE GUIDA PER ENTI LOCALI CHE PRESTANO SERVIZI DI ACCOGLIENZA AI RICHIEDENTI ASILO E AI RIFUGIATI Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 207 del 4 settembre 2013

DISPOSIZIONI URGENTI PER IL CONTRASTO DELLA VIOLENZA DI GENERE

Con Decreto del Ministero dell’interno del 30 luglio 2013 sono state definite le modalità di presentazione delle domande di contributo da parte degli enti locali che prestano servizi finalizzati all’accoglienza dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale ed umanitaria, per il triennio 2014-2016, con annesse Linee guida e modelli di domanda. Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) sta per ampliare il suo bacino di utenza, passando da una capienza di 3mila posti a 16mila per i prossimi tre anni. Lo SPRAR è composto da 128 enti locali che, con il contributo delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata”, superando la sola distribuzione di vitto e alloggio, ma prevedendo anche azioni di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento. Nelle Linee guida vengono definiti i punti di seguito evidenziati. - Obiettivo del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che consiste nella (ri)conquista dell’autonomia individuale dei richiedenti/titolari di protezione internazionale e umanitaria accolti; - Accoglienza integrata e servizi minimi garantiti, laddove per accoglienza integrata s’intende la messa in atto di interventi materiali di base (vitto e alloggio), contestualmente a servizi volti al supporto di percorsi di inclusione sociale, funzionali alla (ri)conquista dell’autonomia individuale. I servizi minimi da garantire sono: la mediazione linguistico-culturale, l’accoglienza materiale, l’orientamento e l’accesso ai servizi del territorio, la formazione e riqualificazione professionale, l’orientamento e accompagnamento all’inserimento lavorativo, abitativo e sociale, la tutela legale e psico-socio-sanitaria, l’aggiornamento e gestione della banca dati; - Equipe multidisciplinare con competenze, ruoli e modalità di organizzazione previsti dal manuale operativo SPRAR. L’equipe potrà lavorare in sinergia con le figure professionali e le competenze presenti negli altri servizi pubblici locali e in collaborazione con enti del privato sociale; - Strutture di accoglienza, che devono dotarsi di un regolamento interno alla struttura e di un contratto di accoglienza individuale, così come previsti dal manuale operativo SPRAR e secondo i modelli predisposti; - Tempi di accoglienza, ossia che dal momento della notifica del riconoscimento della protezione internazionale o della concessione della protezione umanitaria, il periodo di accoglienza previsto è di complessivi sei mesi; - Proroghe dell’accoglienza; - Trasferimenti; - Revoca dell’accoglienza; - Relazioni, schede di monitoraggio e presentazione dei rendiconti finanziari; - Modalità di raccolta, archiviazione e gestione dati. Al Fondo possono accedere Comuni, unioni di Comuni, Province – anche in forma di consorzio – in partenariato con le realtà del privato sociale.

Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.191 del 16 agosto 2013 Il Decreto Legge n. 93 del 14 agosto 2013, che ha apportato alcune modifiche al D.Lgs. n. 231/2001, ha l’obiettivo di prevenire la violenza di genere, punire i colpevoli e proteggere le vittime. Vengono inasprite le misure preventive previste dalla legge 154/2001 e 38/2009: leggi che avevano introdotto alcune misure per l’allontanamento della casa familiare del maltrattante e il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Inoltre, viene inserito un gruppo di interventi che riguardano gli atti persecutori, cioè lo stalking. Infine, si è provveduto a varare un nuovo piano straordinario di protezione delle vittime di violenza sessuale e di genere, che prevede azioni di intervento multidisciplinari e a carattere trasversale, affinché si possa prevenire il fenomeno e si possano potenziare i centri antiviolenza e i servizi di assistenza.

REGIONI CALABRIA LINEE DI INDIRIZZO PER LA PRESA IN CARICO INTEGRATA DEI MINORI SOTTOPOSTI A PROVVEDIMENTO DELL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA Bollettino Ufficiale Regione Calabria n. 14 del 16 luglio 2013 Con Decreto regionale del 19 giugno 2013 n. 91 sono state approvate le Linee di indirizzo per la presa in carico integrata dei minori sottoposti a provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. Allegati al decreto: 1. Linee di indirizzo per la presa in carico integrata dei minori sottoposti a provvedimento dell’Autorità giudiziaria; 2. Schema-tipo di protocollo d’intesa per gli interventi di valutazione socio sanitaria e di presa in carico dei minori sottoposti a provvedimento; 3. Struttura terapeutica riabilitativa per minori anche sottoposti a provvedimenti. Da segnalare che, laddove i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria dispongano la misura del collocamento in comunità, la destinazione dei minori può avvenire, oltre che nelle comunità ministeriali, anche nelle seguenti tipologie di comunità: - Comunità “educative” e Gruppi Appartamento, convenzionati con la Regione Calabria. Si tratta di strutture residenziali gestite dal privato sociale, autorizzate al funzionamento ed accreditate dalla Regione Calabria, che accolgono minori. All’interno di tali strutture il minore partecipa ad attività ricreative, lavorative, di sostegno, tramite progetti educativi individualizzati rispondenti alle proprie esigenze ed

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autorizzate dall’Autorità Giudiziaria minorile. - Istituenda comunità terapeutico riabilitativa. Si tratta di struttura residenziale a valenza sanitaria destinata a minori affetti da quadri psicopatologici e/o dipendenza da sostanze.

CAMPANIA PERCORSI DI EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’, ALLA DEMOCRAZIA E ALLA CITTADINANZA RESPONSABILE

curando il funzionamento del Centro di Documentazione e dell’Archivio Pace e mettendo a disposizione spazi adeguati per la segreteria organizzativa; l’Ufficio Scolastico Regionale invece garantisce il supporto alle attività mediante l’impegno di docenti, per la consulenza alle scuole, di concerto con le istituzioni scolastiche, e diffondendo, attraverso circolari regionali e il proprio sito, tutte le iniziative che rientrano nelle finalità del Protocollo. Il Protocollo di Intesa ha la durata di tre anni, rinnovabile a richiesta delle parti.

EMILIA ROMAGNA Bollettino Ufficiale Regione Campania n. 35 del 24 giugno 2013 Con Deliberazione della Giunta Regionale n. 182 del 18 giugno 2013 è stato approvato lo schema di protocollo d’intesa tra la Regione Campania e l’Ufficio scolastico regionale per la promozione di percorsi inerenti l’educazione alla legalità, alla democrazia, alla cittadinanza responsabile, al contrasto della criminalità organizzata per il triennio 2013-2015. La Regione Campania e l’Ufficio Scolastico Regionale intendono sviluppare iniziative culturali rivolte ai docenti ed agli studenti delle scuole della Campania, creando un partenariato stabile tra istituzioni e realtà associative presenti sul territorio regionale per la realizzazione di alcuni Percorsi. I Percorsi individuati sono i seguenti: - Diffusione della cultura della legalità e della cittadinanza attiva presso le scuole di ogni ordine e grado anche in collaborazione con associazioni di settore; - Diffusione dei principi della Costituzione della Repubblica Italiana, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, della Dichiarazione dei diritti del fanciullo, anche in collaborazione con associazioni di settore; - Promozione e realizzazione di progetti pilota in aree ad alto rischio di influenza criminale in collaborazione con le Istituzioni territorialmente competenti (Prefetture, Questure); - Promozione all’interno dei P.O.F. (Piani Offerta Formativa Scolastica) di percorsi di apprendimento sui temi dell’educazione alla legalità, alla democrazia ed alla cittadinanza responsabile al contrasto della criminalità organizzata; - Promozione e organizzazione di seminari, dibattiti, mostre e di ogni altra attività utile per realizzare una reale conoscenza del problema della criminalità organizzata anche attraverso azioni condivise tra il Centro di Documentazione contro la Camorra e l’Archivio Pace; - Attivazione di laboratori di ricerca - azione rivolti ai docenti ed al personale della scuola presso il Centro di Documentazione contro la Camorra finalizzati alla definizione di una progettazione integrata per competenze, affinché l’educazione alla cittadinanza attiva sia considerata a pieno titolo disciplina di insegnamento; - Attivazione di laboratori di ricerca - azione rivolti agli allievi presso il Centro di Documentazione contro la Camorra in linea con le norme per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali, ai fini della certificazione delle competenze acquisite; - Creazione di uno Spazio Aperto presso il Centro di Documentazione Anticamorra dedicato alla diffusione delle cultura della legalità integralmente organizzato dagli allievi delle scuole di ogni ordine e grado della Regione Campania dove i giovani possano esprimersi liberamente. La Regione Campania e l’Ufficio Scolastico Regionale pongono vicendevolmente a disposizione strutture e mezzi tecnici per l’organizzazione delle iniziative e la diffusione delle informazioni relative ai Percorsi: la Regione Campania si impegna a mettere a disposizione strutture, mezzi e strumenti informatici e di comunicazione, assi-

NORME PER IL CONTRASTO E LA PREVENZIONE DEL RISCHIO DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO Bollettino Ufficiale Regione Emilia Romagna n. 181 del 4 luglio 2013 Con Legge Regionale n. 5 del 4 luglio 2013 sono state approvate norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate. Entro 60 giorni dall’approvazione della presente legge, l’Assemblea legislativa approva, su proposta della Giunta regionale, il piano integrato per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco patologico, di durata triennale, al fine di promuovere: - interventi di prevenzione del rischio della dipendenza dal gioco patologico, mediante iniziative di sensibilizzazione, educazione ed informazione; - interventi di formazione rivolti a esercenti, operatori dei servizi pubblici e operatori della polizia locale, anche in modo congiunto con gli enti locali, le forze dell’ordine, le organizzazioni del volontariato e del terzo settore; - attività di progettazione territoriale socio-sanitaria sul fenomeno del gioco d’azzardo, anche in collaborazione con AUSL ed enti locali ed in coerenza con le attività realizzate a seguito dell’inserimento del gioco d’azzardo patologico nei livelli essenziali delle prestazioni; - la predisposizione del materiale informativo sul gioco d’azzardo patologico, in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore competenti. Possono essere attivati interventi finalizzati alla formazione degli operatori sociali e socio-sanitari e alla presa in carico di persone che manifestano dipendenza patologica dal gioco d’azzardo. La Regione, al fine di realizzare gli interventi previsti, può concedere contributi ai soggetti attuatori delle attività definite nel piano integrato sopra citato. Fino alla definitiva introduzione nei livelli essenziali di assistenza delle prestazioni relative al gioco d’azzardo patologico, la Giunta regionale può promuovere lo svolgimento da parte delle Aziende sanitarie di iniziative, a carattere sperimentale, nei confronti di persone affette da dipendenza da gioco d’azzardo patologico e patologie correlate. Tali iniziative possono essere realizzate su più livelli e possono consistere in interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Possono essere promossi e attivati anche interventi sperimentali di trattamento, anche di tipo residenziale, e la costituzione di strutture specialistiche monotematiche. Nella legge vengono dettate, inoltre, disposizioni relative agli esercizi commerciali: il personale operante nelle sale da gioco e gli esercenti sono tenuti a frequentare corsi di formazione predisposti dalle AUSL sui rischi del gioco patologico e sulla rete di sostegno. Nel piano integrato saranno individuati, anche in relazione al numero di apparecchi installati

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nella sala da gioco, i soggetti cui sono rivolti i corsi di formazione. All’interno delle sale da gioco, i gestori sono tenuti ad esporre: un test di verifica, predisposto dalla AUSL competente per territorio, per una rapida autovalutazione del rischio di dipendenza, e i depliant informativi riguardo la disponibilità dei servizi di assistenza attivati nell’ambito del piano integrato. Viene inoltre istituito il marchio regionale “Slot freE-R”. Tale marchio è rilasciato dalla Regione Emilia Romagna agli esercenti di esercizi commerciali, ai gestori dei circoli privati e di altri luoghi deputati all’intrattenimento che scelgono di non installare nel proprio esercizio le apparecchiature per il gioco d’azzardo. I Comuni istituiranno un pubblico elenco degli esercizi in possesso del marchio “Slot freE-R”.

diante convenzione‚ della collaborazione di enti ed associazioni pubbliche o private di familiari o di mutuo aiuto. La Regione potrà altresì concedere contributi per il finanziamento di progetti con obiettivi di solidarietà‚ sostegno e reinserimento sociale‚ destinati a persone con problematiche correlate al gioco d’azzardo e alle relative famiglie.

UMBRIA TESTO UNICO IN MATERIA DI TURISMO Supplemento ordinario n. 1 al Bollettino Ufficiale Regione Umbria n. 32 del 17 luglio 2013 Con la Legge Regionale 12 luglio 2013, n. 13 è stato pubblicato il Testo unico in materia di turismo. Si sottolinea, in particolare, l’articolo 26 che tratta delle case per ferie. Queste vengono definite come strutture ricettive attrezzate per il soggiorno temporaneo di persone o gruppi, gestite al di fuori dei normali canali commerciali e promozionali, da enti pubblici, associazioni o enti religiosi operanti senza scopo di lucro per il conseguimento di finalità sociali, culturali, assistenziali, religiose o sportive, nonché da enti o aziende per il soggiorno dei propri dipendenti e loro familiari. Nelle case per ferie, oltre alla prestazione di servizi ricettivi essenziali, ivi compreso il servizio di ristorazione per i soli alloggiati, sono assicurati i servizi e l’uso di attrezzature che consentano il perseguimento delle finalità sopra citate. Le case per ferie, specifica inoltre la legge, possono essere dotate di particolari strutture per il soggiorno di gruppi autogestiti secondo autonome modalità organizzative, compresa la disponibilità della cucina e di punti di cottura per uso autonomo, sotto la responsabilità del soggetto gestore. All’articolo 27 ci si sofferma, invece, sulle case religiose di ospitalità, definite come case per ferie caratterizzate dall’osservanza delle finalità dell’ente religioso gestore che offrono, a pagamento, a chiunque la richiede, ospitalità per un periodo non inferiore a due giorni, nel rispetto del carattere religioso dell’ospitalità stessa e delle conseguenti regole di comportamento e limitazioni del servizio. L’orario di chiusura al pubblico delle case religiose di ospitalità è fissato, di norma, alle ore 21 nella stagione autunno-invernale e alle ore 22 nella stagione primavera-estate. Ai fini del presente Testo unico sono considerati enti religiosi gli enti ecclesiastici riconosciuti in base alla legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi). Le case di convivenza religiosa, invece, non rientrano nella categoria appena descritta. Le case per ferie e le case religiose di ospitalità devono possedere i requisiti minimi obbligatori, previsti dai regolamenti igienico-edilizi comunali, che vengono qui definiti come segue: 1. 1 wc ogni 6 posti letto, 1 bagno o doccia ogni 10 posti letto, 1 lavabo ogni 6 posti letto. Nella determinazione di tale rapporto non si computano le camere dotate di servizi igienici privati 2. arredamento minimo per le camere da letto composto da letto, sedia o sgabello, scomparto armadio per persona, cestino rifiuti per camera 3. locali comuni di soggiorno, distinti dalla sala da pranzo, di ampiezza complessiva minima di mq. 25 per i primi 10 posti letto e mq. 0,50 per ogni posto letto in più 4. idonei dispositivi elettrici e mezzi antincendio secondo le disposizioni vigenti 5. cassetta di pronto soccorso come da indicazione dell’autorità sanitaria 6. servizio telefonico ad uso comune e servizio citofonico interno 7. accessibilità per i diversamente abili (accesso a livello stradale o facilitato) Solo per gli esercizi di nuova apertura o in fase di ristrutturazione edilizia 8. camere e bagni attrezzati per il soggiorno dei diversamente abili.

LAZIO LEGGE SULLA PREVENZIONE E IL TRATTAMENTO DEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO (GAP) Bollettino Ufficiale Regione Lazio n. 64 dell’8 agosto 2013 La Regione Lazio ha approvato la Legge Regionale 5 agosto 2013‚ n. 5 riguardante disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico (GAP). La Regione detta disposizioni per prevenire e ridurre il rischio dal gioco d’azzardo patologico (GAP) e stabilisce‚ altresì‚ disposizioni per la prevenzione‚ il trattamento terapeutico ed il recupero sociale dei soggetti affetti da sindrome da GAP‚ promuovendo la consapevolezza dei rischi correlati al gioco, ancorché lecito‚ al fine di salvaguardare le fasce più deboli e maggiormente vulnerabili della popolazione‚ nonché la cultura del gioco misurato. Nella legge vengono definite le distanze da osservare per la collocazione delle sale da gioco rispetto ad aree sensibili‚ come istituti scolastici‚ centri anziani‚ centri giovanili‚ ecc. Viene istituito il marchio Slot free–RL‚ rilasciato dalla Regione agli esercenti di esercizi commerciali‚ ai gestori dei circoli privati e di altri luoghi deputati all’intrattenimento‚ che non hanno nel proprio esercizio le apparecchiature per il gioco d’azzardo. Viene inoltre istituito‚ presso l’Assessorato regionale competente in materia di politiche sociali‚ l’Osservatorio regionale sul fenomeno del gioco d’azzardo‚ al fine di monitorarne gli effetti in tutte le sue componenti: culturali‚ legali‚ di pubblica sicurezza‚ commerciali‚ sanitarie ed epidemiologiche‚ sociali e socio–economiche. L’Osservatorio analizza‚ altresì‚ i dati e le dinamiche legate al fenomeno e rappresenta le diverse istanze coinvolte‚ comprese quelle delle associazioni antimafia. Il Consiglio regionale‚ su proposta dell’Assessore regionale competente in materia‚ approva il piano integrato triennale socio–sanitario per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza da GAP‚ nel quale potranno esservi iniziative di prevenzione‚ formazione e di predisposizione di materiale informativo da realizzare‚ anche in modo coordinato‚ con enti locali‚ organizzazioni di volontariato e gli altri enti del terzo settore. Per l’attuazione degli interventi descritti‚ la Regione o i soggetti attuatori del piano integrato possono stipulare convenzioni ed accordi attraverso procedure di evidenza pubblica‚ con gli enti locali‚ le istituzioni scolastiche‚ le ASL‚ le associazioni e le organizzazioni di volontariato in possesso delle competenze specialistiche concernenti il GAP. La Regione intende inoltre sostenere le attività delle associazioni e delle organizzazioni di volontariato impegnate nella presa in carico delle problematiche correlate al gioco d’azzardo e alla sensibilizzazione sull’uso responsabile del denaro. Le ASL possono avvalersi‚ anche me-

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DIRITTI UMANI

ITALIANI NEL MONDO 2013

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Roma il 3 ottobre 2013 si è tenuta la presentazione dell’VIII Rapporto Italiani nel Mondo (RIM), della Fondazione Migrantes. L’VIII Rapporto – più di 40 approfondimenti elaborati da 50 autori dall’Italia e dall’estero – racconta la mobilità italiana di ieri e di oggi, le difficoltà e le opportunità. Il RIM – scrivono nelle Considerazioni generali mons. Gian Carlo Perego e Delfina Licata – si pone nel panorama culturale italiano, quale strumento socio-pastorale dove ritrovare le notizie necessarie per conoscere e/o aggiornarsi sul fenomeno della mobilità italiana. La collaborazione con le istituzioni civili ed ecclesiali, con diversi enti di ricerca ed il coinvolgimento delle associazioni di settore, fa del volume una sorta di “luogo pubblico” dove poter rintracciare situazioni, idee e pro po s te uti l i s i a per g l i i s ti tuti s co l as ti ci , nel l e l o ro atti v i tà di i nfo rmazi o ne su questi temi, s i a per g l i enti che s i o ccupano di av v i amento al l av o ro e di i n t e g raz i o n e s o c i o - l av o rat i v a di pers o ne mi g ranti . Le considerazioni generali del rapporto elencano 4 propositi: 1 . L’attenzi o ne ai g i o v ani e al l a l o ro mo bi l i tà: il fenomeno migratorio non deve essere letto solo in chiave di allarme sociale, ma come opportunità di crescita, soprattutto per i più giovani ma anche per quelle persone che vogliono percorrere strade diverse e mettere alla prova se stessi. 2 . Ci ttadi nanza e di ri tto di v o to : conciliare la tolleranza con la “cittadinanza plurima”, necessaria, in un contesto globale, rispetto all’applicazione normativa dei diritti di cittadinanza (ed intuendo nuove forme di inclusione per queste categorie di persone fuori dai loro confini nazionali). 3 . L’i mmag i ne del l ’Ital i a e del l a mo bi l i tà i tal i ana nei mas s medi a: evitare termini forti, allarmismo e notizie tendenziose, considerando come l ’i n t ern azi o n al i zzazi o n e eco n o mi ca e l’interculturalità hanno modificato l’immagine e i limiti di ciascun territorio. 4 . No n di menti care i mi g ranti e l e l o ro fami g l i e i n di ffi co l tà: pensare a pratici sostegni per tali situazioni che spesso portano a caos emotivo affettivo e a crisi di identità.

Volontariato e nuovo welfare

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uesto volume, scritto da Renato Frisanco, si articola in due parti, una storico-introduttiva su non profit, terzo settore e volontariato, l’altra, fenomenologica e di approfondimento su alcuni temi. La prima parte offre una ricostruzione storica e un inquadramento sociologico della nascita, dello sviluppo, della consistenza quantitativa del non profit e in particolare del volontariato che di questo è stato precursore e volano. Vengono poi messe in evidenza le tendenze del volontariato negli ultimi venti anni, attraverso i dati delle principali ricerche realizzate. Emerge altresì la tesi della diretta connessione tra evoluzione del volontariato ed evoluzione del Welfare. La seconda parte, di approfondimento, muove dalla figura del volontario, dalla sua contiguità con la pratica della cittadinanza attiva e responsabile, ne tratteggia l’identikit, ne indica la struttura motivazionale, oggi più complessa e sfaccettata di un tempo, e ne rivela l’esperienza fondamentale e il bilancio in attivo, mai a “somma zero”, come attestano recenti indagini. Il volume tocca poi il tema dell’attuazione del principio costituzionale della “sussidiarietà orizzontale” che legittima in via definitiva il volontariato impegnato nella realizzazione dell’«interesse generale» e che, in virtù di questo, svolge una “funzione pubblica”. Le considerazioni conclusive richiamano le sfide per un volontariato oggi alle prese con la complessità di funzioni e compiti, come: il sostegno al Welfare senza accettare deleghe improprie, la promozione della partecipazione attiva dei cittadini al bene comune, la necessità di fare rete e di coordinarsi, la difesa di una piena identità in ragione di una missione non disgiunta da una lucida visione fatta di valori e di strategie. Per cui, secondo l’autore, in una società che cambia - anche sotto i colpi di una crisi economica e al tempo stesso culturale, di tipo epocale - il volontariato lungi dal ridursi ad “ammortizzatore sociale” deve elevarsi a soggetto di cambiamento e di sviluppo. Red.

200 MILIONI DI BAMBINI LAVORATORI

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ppena pubblicato un nuovo Rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), Mark i ng p ro g res s ag ai ns t chi l d l ab o ur (Misurare i progressi della lotta al lav oro minorile), che indica una riduzione di un terzo del lavoro minorile dal 2000 ad oggi, passando da 246 milioni a 168 milioni. Più della metà dei 168 milioni di bambine e bambini lavoratori nel mondo svolgono, tuttavia, l av o ri peri co l o s i che hanno conseguenze dirette sulla loro salute, sicurezza e sviluppo morale. E’ su questo che dovranno concentrarsi gli sforzi maggiori, per tentare di raggiungere (anche se, dati alla mano, sembra ormai improbabile) l’obiettivo fissato dall’ILO, e condiviso dalla comunità internazionale: eliminare tali forme di lavoro entro il 2016.


Il quarto dei re magi

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l quarto dei Re Magi a differenza degli altri tre, già spariti con i loro dromedari, spento il tintinnio delle loro bardature sulle strade polverose del ritorno ai loro paesi, giunse dal piccolo Gesù a mani vuote, perché nel lungo viaggio aveva già incontrato Gesù nascosto nei poveri. Il quarto re veniva dal Golfo Persico, si gettò ai piedi del Bambino e disse esitando: “Signore, vengo separatamente dagli altri re che ti hanno portato doni. Avevo anch’io in dono perle preziose grandi come un uovo di piccione. Ora

non le ho più, sono rimasto indietro e mi sono fermato in una locanda lungo la strada a passare la notte. Quando entrai vidi un vecchio tremante di febbre con la barba inselvatichita, nessuno sapeva chi fosse, la sua borsa era vuota; allora presi una perla dalla cintura e la diedi al locandiere perché procurasse un medico per curarlo, o se morisse, una tomba in terra benedetta. L’indomani ripresi il viaggio, spinsi il mio asino il più possibile per raggiungere i tre re. La strada seguiva una vallata deserta dove enormi rocce si ergevano sparse tra le siepi di terebinti e ginestre gialle. All’improvviso udii grida disperate provenienti da un vallone. Saltai giù dall’asino e trovai un gruppo di soldati che si erano impadroniti di una donna, erano in parecchi e non potei battermi con loro… O Signore, perdonami ancora una volta, misi mano alla cintura e presi la seconda perla e comprai la libertà della giovane donna che mi baciò le mani e fuggì sulle montagne con la rapidità di una gazzella. Adesso non mi restava che una sola perla, ma almeno volevo portartela, Signore. Era passato mezzogiorno; prima di sera potevo essere ai tuoi piedi, Signore. Fu allora che vidi un villaggio al quale i soldati di Erode avevano dato fuoco ed era ormai tutto in fiamme. I soldati ora stanno uccidendo i bambini dai due anni in giù. Vicino a una casa in fiamme, un enorme soldato aveva strappato alla mamma un bambino che lo teneva per una gamba; Signore, perdonami, presi la mia ultima perla e la diedi al soldato e questi riconsegnò il piccolo a sua madre, che fuggì via stringendolo forte a sé. Signore, ecco perché ho le mani vuote, perdono!”. Il bambino Gesù tra Maria e Giuseppe non dormiva, si girò lentamente verso il re di Persia. Il suo volto era raggiante. Stese le sue piccole mani verso il le mani vuote e sorrise. Li a Tommasi


COLPO D’ALA

Questa pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

I pezzenti E’ bello fare i pezzenti a Natale perché i ricchi allora sono buoni; è bello il presepio a Natale che tiene l’agnello in mezzo ai leoni.

Rocco Scotellaro (da: “Natale dei Poeti” a cura di G.B. Gandolfo e L.Vassallo Ed. Ancora)

Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale Direttore Responsabile: MAURIZIO GIORDANO Redazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303 e - mail: info@uneba.it - sito internet: www.uneba.org Autorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991 Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.it Stampa: Consorzio AGE Arti Grafiche Europa - Roma

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Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBA Finito di stampare nel ottobre 2013


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